Dipendenze patologiche: recognize & act
Taken from the Book - Ouled Slimane, H. La Neuromodulazione e il trattamento delle dipendenze, WIP Edizioni, 2022.
Dr. Hamida Ouled Slimane
Neuroscientist & Clinical and Forensic Neuropsychophatologist-Neurocriminologist
PSAF (Healthcare, Insurance and Forensic Professions accredited by the Ministry of Health and registered in the National Register; European Parliament).
Abstract
L’articolo si occupa del tema delle dipendenze patologiche, analizzandone definizione, classificazione, cause, sintomi, approcci educativi e trattamenti. A partire dal riconoscimento delle dipendenze comportamentali da parte dell’American Psychiatric Association (2013). Si evvince che lo studio si focalizza sulla tossicodipendenza, alcolismo, ludopatia, dipendenza da internet e nuove forme come shopping compulsivo e workaholism. Viene analizzato il modello bio-psico-sociale, mettendo in risalto come fattori biologici, psicologici e ambientali concorrano allo sviluppo delle dipendenze. L’elaborato descrive i principali sintomi fisici e psicologici, mettendo in risalto l’importanza della prevenzione, dell’educazione e di un approccio multidimensionale al reinserimento sociale dei soggetti affetti da dipendenze patologiche. Un focus è dedicato al ruolo della motivazione al cambiamento e alle strategie per sostenerla attraverso empatia, riduzione delle resistenze e sviluppo dell’autoefficacia. Infine, vengono illustrati i trattamenti più promettenti, tra cui la terapia psicoemozionale e la stimolazione magnetica transcranica, presentati come strumenti innovativi per ridurre il craving e favorire percorsi di cura personalizzati.
Introduzione
La strutturazione del concetto di dipendenza patologica comportamentale è alquanto recente e risale al 2013, periodo durante il quale l'American Psychiatric Association riconobbe l'esistenza di dipendenze patologiche comportamentali di vario grado e con diverse caratteristiche cliniche. In questo quadro rientrano tutte quelle attività e quei comportamenti che diventano dominanti nella vita di una persona e che tendono a pervadere nei pensieri sentimenti azioni e a influenzare significativamente l'umore. La dipendenza patologica comportamentale può essere analizzata alla luce del modello bio-psico-sociale, secondo cui tale fenomeno è dovuto alla correlazione di diversi fattori biologici, ovvero che ineriscono delle specifiche predisposizioni genetiche degli effetti sul cervello conseguenti alle dipendenze e di fattori psicologici relativi a fattori emotivi, comportamentali e cognitivi ed infine a fattori socio-culturali che ineriscono la cerchia di amici, la famiglia e le relazioni con l'ambiente culturale circostante.
Una dipendenza implica una trasformazione del comportamento che diviene, da semplice abitudine, una ricerca esasperata e patologica del piacere attraverso sostanze o comportamenti che possono sfociare nella condizione patologica. Tutte le forme di dipendenze, quando incidono sulla salute dell’individuo in maniera significativa, vengono definite dipendenze patologiche. Quando una dipendenza diventa patologica, la sostanza o l’oggetto della dipendenza assume un ruolo centrale nella vita dell’individuo, che arriva a compromettere la propria salute, fisica e psicologica, e le proprie relazioni.
Discussione
La classificazione delle dipendenze può essere fatta sulla base di dipendenza da sostanze o dipendenza comportamentale. Queste ultime sono definite nuove dipendenze (new addiction) e sono caratterizzate dal fatto che il meccanismo della dipendenza non è scatenato dall’assunzione di una sostanza, ma da un comportamento.
Tra le principali dipendenze patologiche possiamo menzionare:
- Tossicodipendenza, che è causata dalla dipendenza da una o più sostanze come le sostanze stupefacenti e i farmaci. Particolarmente studiata è stata la dipendenza da cocaina, una droga psicostimolante generalmente usata come potenziatore di prestazioni cognitive, fiducia, socievolezza, energia e veglia ma che causa i gravi danni legati al suo uso prolungato nel tempo, tra cui dipendenza patologica e disfunzioni cognitive;
- Alcolismo, è la dipendenza patologica da abuso di alcol e lo stato più grave relativo all'assunzione di bevande alcoliche. L’Istituto Superiore di Sanità (col supporto dell’Istat) stima che circa 8 milioni di persone mostrino segni di dipendenza da alcool; ed è un problema che sta aumentando di anno in anno, soprattutto tra i giovani. Le persone dipendenti dall'alcol possono sviluppare sintomi da astinenza se non assumono bevande alcoliche. Bere grandi quantità quotidianamente ha una serie di conseguenze a lungo termine sulla salute, tra cui danni al fegato, ipertensione, ictus e malattie cardiache. L'alcol può anche contribuire a problemi di salute mentale, in quanto è un depressivo che interferisce con i neurotrasmettitori del cervello. Tuttavia, così come i problemi fisici, altrettanto difficili sono gli impatti sociali sulle relazioni e sulla capacità di lavorare della persona. Il comportamento della persona sotto l'influenza dell'alcol può causare una serie di problemi a coloro che li circondano;
- Ludopatia, è classificata tra i vari tipi di dipendenza del comportamento e indica la dipendenza dal gioco d’azzardo, che è stato dapprima classificata nel Manuale Diagnostico IV (DSM-IV) come Gioco d’Azzardo Patologico (GAP) ed inserita tra i disturbo del controllo degli impulsi (ICD); per poi subire una modifica con il DSM-V, che inserisce il gioco d'azzardo patologico all'interno del capitolo delle dipendenze. Questo spostamento è stato accompagnato da una ridefinizione del gioco d'azzardo patologico in disturbo da gioco d'azzardo (gambling disorder), un cambiamento favorito dalla ricerca scientifica che ha rilevato delle analogie tra il gioco d'azzardo e le dipendenze chimiche, mettendo in luce come in questo fenomeno patologico entrino in giochi altri fattori, oltre alla fenomenologia comportamentale. Il gioco d’azzardo patologico è, infatti, associato anche ad altri disturbi psichiatrici, compresi i disturbi da uso di sostanza. In linea generale si potrebbe dire che il disturbo da gioco d'azzardo (GD) è attualmente considerato l'esempio prototipico di dipendenza comportamentale ed è incluso nella categoria diagnostica dei disturbi correlati a sostanze e dipendenza secondo il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, poiché la ricerca suggerisce che il GD e il disturbo da uso di sostanze (SUD) condividano basi neurobiologiche comuni e caratteristiche comportamentali. Tra gli aspetti che caratterizzano sicuramente una persona affetta da dipendenza patologica comportamentale possiamo s rintracciare l'impulsività e la compulsività. Chi soffre di gioco d'azzardo patologico, infatti, è caratterizzato dall'incapacità di resistere al desiderio di scommettere e cimentarsi in giochi nei quali vi sia la possibilità teorica di guadagnare molto, affrontando un rischio relativamente modesto o comunque accettabile in relazione alla singola perdita. Questa seppur remota probabilità di vincita più o meno consistente sollecita le aeree cerebrali coinvolte nel sistema della ricompensa in modo del tutto analogo a quanto farebbero l'abuso alcolico o di sostanze stupefacenti, procurando esaltazione e piacere nell'immediato, per cui il giocatore è indotto a ricercare nuovamente e sempre più spesso la medesima sensazione, con un meccanismo che ben presto determina dipendenza e spinge il giocatore a giocare anche di fronte ad elevato rischio di perdita.
- Dipendenza da internet, definita anche Internet addiction disorder (IAD) comprende la dipendenza dalle nuove tecnologie come videogame, social media e smartphone. Si può parlare di dipendenza di questo tipo quando la maggior parte del tempo e delle energie vengono spesi nell’utilizzo della rete, creando in tal modo menomazioni forti e disfunzionali nelle principali e fondamentali aree esistenziali, come quella personale, relazionale, scolastica, familiare, affettiva. Le dinamiche di dipendenza dalla rete telematica si possono sviluppare al punto da presentare fenomeni analoghi alle dipendenze da sostanze, con comparsa di tolleranza, craving e assuefazione.
Tra le nuove si possono inserire anche l’oniomania, cioè lo shopping compulsivo; il workhaolism, ovvero la dipendenza dal lavoro e la dipendenza da cibo.
Come riconoscere le dipendenze patologiche: cause e sintomi
Anche se le dipendenze assumono diverse forme in esse si riscontrano comportamenti comuni, come: incapacità di controllarsi rispetto l’uso della sostanza, per cui si comincia a volerne sempre di più indipendentemente dalle circostanze in cui ci si trova; forte compromissione dei comportamenti sociali, per cui spesso si rovinano le relazioni instaurate e il soggetto si isola; incapacità di considerare il rischio dell’uso della sostanza, per cui si continua ad assumere le sostanze anche se queste potrebbero compromettere la salute e far stare male.
Le dipendenze patologiche possono avere diverse cause che vanno rintracciate in:
- Fattori biologici, che dipendono in gran parte dal sistema cerebrale della ricompensa che agisce attraverso l'attivazione dopaminergica per fare in modo che quei comportamenti risultati utili a soddisfare i bisogni organici, gratificati e rinforzati attraverso la connotazione emotiva del piacere, inducendo la persona a ripeterli. Le ricerche scientifiche in relazione al sistema cerebrale della ricompensa mettono in luce il ruolo centrale della dopamina nell’innesco della dipendenza. I fattori ambientali e psicologici che possono essere causa delle dipendenze sono diversi e la dis-regolazione emotiva ne è un esempio;
- Fattori ambientali-psicologici, che possono causare dis-regolazione emotiva. In questi casi la dipendenza può verificarsi dopo aver subito forme di abuso fisico e/o psicologico, oppure a seguito di traumi vissuti in età infantile, ma anche a causa dell’influenza del proprio gruppo sociale o delle condizioni culturali e socio-economiche disagiate. Quando questi eventi si verificano principalmente nelle prime fasi di vita e di sviluppo psichico, può insorgere nel soggetto l’instaurarsi di una iperattivazione della via, che controlla la reazione allo stress/trauma (asse ipotalamo-ipofisi-surrene) e la conseguente iperproduzione e rilascio di eccessive quote di cortisolo, responsabile di una maggiore ipersensibilità del soggetto ai vissuti di stress. Questa accentuata sensibilità rende difficile la gestione delle emozioni, di stati intensi come ansia e tensione ai quali il soggetto può rispondere mettendo in atto comportamenti patologici che causano dipendenza e che vengono perpetrati perché forniscono apparente ed immediato sollievo.
Per poter riconoscere la presenza di una dipendenza patologica è fondamentale saper riconoscere i sintomi, ovvero le sue principali manifestazioni. Possiamo distinguere due categorie di sintomi in soggetti con dipendenze patologiche: sintomi fisici e psicologici. Tra i sintomi fisici delle dipendenze ci sono tolleranza, l'astinenza e sensazione transitoria di benessere. A causa della tolleranza il cervello si sensibilizza alla stessa quantità di sostanza, e questo determina maggiori quantità di sostanza per poter produrre gli stessi effetti neuro comportamentali. L’astinenza, invece, implica la sospensione dell’uso della sostanza e questo porta a delle crisi di astinenza accompagnata da almeno uno di questi sintomi: iperattività del sistema nervoso autonomo, aumentato tremore delle mani, insonnia, nausea e vomito, presenza transitoria di allucinazioni visive, uditive o tattili, agitazione psicomotoria e stato ansioso. Possono presentarsi anche sintomi indotti dalla specifica sostanza, per esempio: sonnolenza, eccitazione, inappetenza, tachicardia, nausea e maggiore sudorazione.
Tra i sintomi psicologici troviamo, invece, craving, ossia il “pensiero desiderante”, il desiderio incontrollabile della sostanza o dell’eccitazione derivato da un comportamento (si pensi al gioco d’azzardo) ma anche, sensi di colpa, ansia, pensieri ossessivi, comportamenti compulsivi, negazione rispetto alla gravità della situazione e della propria condizione, spesso associata ad un sentimento di forte vergogna, bassa autostima, solitudine e sentimento di rabbia. In alcuni soggetti si verificano anche casi di depressione.
Intervento socio-educativo nei soggetti con dipendenza patologica
Nell’approccio con un soggetto affetto da dipendenze patologiche è importante promuovere non solo l’approccio della prevenzione ma anche quello dell’educazione, al fine di potenziare le opportunità di reinserimento sociale, lavorativo ed abitativo, garantire maggiore qualità di vita possibile alla persona interessata da problematiche di dipendenza e alla sua famiglia. Per fare ciò è fondamentale che le persone, che a vario titolo si affiancano alla persona con dipendenza patologica, possano adottare un approccio multidimensionale che possa promuovere le aree dell’autonomia e del benessere (fisico, psichico, sociale). Per realizzare un intervento socio-educativo di questo tipo, adeguato a soggetti con dipendenze patologiche, è necessario stabilire alcuni principi tecnici:
- Garantire la continuità di interventi integrati di prevenzione e la collaborazione con i servizi sanitari cui competono gli interventi integrati di cura e di riabilitazione;
- Migliorare la circolazione delle informazioni tra gli operatori istituzionali e la cittadinanza;
- Definire una stabile cornice terapeutica, in quanto a causa della natura caotica della vita di questi soggetti la stabilità deve essere imposta da una fonte esterna;
- Evitare un intervento terapeutico-educativo passivo, per cui bisogna sempre agire in modo tale da evitare che la persona affetta da dipendenza patologica o l’operatore assumano la posizione di osservatore silenzioso. Spesso questo comportamento passivo viene erroneamente interpretato come mancanza di interesse o rifiuto a ricevere/ fornire supporto. Per evitare di incorrere in una tale situazione è fondamentale creare alleanza terapeutica, ovvero un rapporto di reciprocità con il quale, tra chi offre e chi riceve supporto, possa esprime re in liberà i propri sentimenti;
- Contenere la rabbia del paziente, tutti gli operatori che hanno lavorato a stretto contatto con soggetti con dipendenza patologica si rendono conto della difficoltà di mantenere un atteggiamento terapeutico quando essi si dimostrano oppositivi; anzi, spesso l’operatore si sente provocato ad assumere atteggiamenti difensivi o aggressivi e spesso, per ristabilire il giusto equilibrio, sono necessarie delle supervisioni;
- Verificare che il paziente stabilisca una connessione tra sentimenti ed azioni, in quanto l’azione è spesso il linguaggio privilegiato delle persone con dipendenze patologiche, con comportamenti auto ed eterodistruttivi. L’azione può rappresentare l’unica via per ottenere un sollievo dall’intensità dei loro stati affettivi, e solo l’intervento degli operatori può riportare all’ordine questi stati affettivi precipitati;
- Mantenere l’attenzione degli interventi sul “qui e ora”, questo perché il percorso riabilitativo-educativo viene considerato come un processo dinamico e sempre in continuo mutamento, un processo personalizzato sulla base dei bisogni e delle possibilità che ciascuno acquisisce di pari passo, per cui l’obiettivo è concentrarsi sul presenta, riconoscendo gli errori commessi in passato senza tuttavia rimanere ingabbiati nel ricordo di quanto successo. È fondamentale, in altri termini, aprire ad una prospettiva di vita futura, partendo dalle condizioni e dalle possibilità attuali.
Normalmente chi ha una dipendenza patologica, di qualunque genere, droghe, alcol, farmaci, sesso, gioco d’azzardo, internet ecc. per lungo tempo non lo sa, nel senso che è convinto di avere la situazione sotto controllo e non pensa che possa avere un problema. Il fatto di frequentare, anche virtualmente, altre persone che hanno comportamenti simili, spesso, rinforza la percezione di “normalità” e porta a pensare che se anche gli altri si comportano allo stesso modo probabilmente non c’è nella di strano, niente per cui allarmarsi. Questo rende spesso difficile riuscire ad individuare un possibile comportamento a rischio che, essendo perpetrato nel tempo, si trasforma in una vera e propria patologia. Per quanto riguarda le dipendenze patologiche, esiste anche un tempo relativamente lungo (spesso anni) per arrivare alla malattia conclamata. Il problema è che, quando è conclamata, è anche cronica. Oppure può essere acuta e grave anche se, sino a quel momento, tutto sembrava andare bene. Insomma molte persone che usano sostanze o hanno comportamenti a rischio spesso si ritrovano ingabbiati in una dipendenza patologica senza riuscire ad avere coscienza della gravità della loro situazione.
Partendo da questi presupposti si potrebbe dire che una delle principali cause della dipendenza patologica è la sottovalutazione della situazione, dovuta alla mancata conoscenza dei meccanismi che regolano la dipendenza. In ogni caso il passaggio da situazioni a rischio alla dipendenza patologica avviene per gradi e, normalmente esiste un tempo per fare qualcosa e per intervenire prima che la situazione di rischio possa diventare una malattia.
Se ciò dovesse accadere un primo passo fondamentale nel luogo processo di guarigione, dopo aver riconosciuto di avere una dipendenza patologica, è certamente la motivazione al cambiamento. Anche se è vero che non si può dare alla persona affetta da dipendenza patologica motivazione, la si può aiutare a identificare le ragioni e i bisogni di cambiamento e facilitare la pianificazione del cambiamento. La motivazione comprende i desideri, i bisogni e i valori interni dei clienti ed include anche le pressioni esterne, richieste e i rinforzi (positivi e negativi) che influenzano le persone e la loro percezione dei rischi e dei benefici, derivati dall'assunzione di comportamenti legati alla dipendenza. Per promuovere in una persona affetta da dipendenza patologica il desiderio di cambiare, iniziando con un percorso terapeutico è fondamentale puntare soprattutto a due componenti della motivazione: l'importanza che il soggetto dipendente associ ai cambiamenti e la fiducia nella sua capacità di fare cambiamenti.
Gli approcci di successo al trattamento delle persone con dipendenza patologica riconoscono la motivazione come uno stato multidimensionale, uno stato di benessere durante il quale le persone cambiamenti difficili nei comportamenti a rischio per la salute, come la dipendenza patologica. La motivazione aiuta le persone a risolvere la loro ambivalenza nel fare cambiamenti di stile di vita difficili. Aiutare la persona affetta da dipendenza patologica ad aumentare la probabilità che la stessa possa impegnarsi in uno specifico piano di cambiamento comportamentale, proprio perché la motivazione e la disponibilità al cambiamento sono costantemente associate con la ricerca di aiuto, l'aderenza e il completamento del trattamento e a esiti positivi del trattamento delle dipendenze patologiche. La motivazione al cambiamento è multidimensionale e per poterla promuove in soggetti affetti da dipendenza patologica è necessario:
- Manifestare empatia, in quanto l’empatia crea un clima relazionale disteso. Tuttavia bisogna precisare che empatia non significa consenso, approvazione o accordo sul comportamento del cliente, ma accurata comprensione delle condizioni che lo caratterizzano e lo determinano. Significa comprendere le ragioni della persona affetta da dipendenza patologica, anche se queste non sono condivise né condivisibili; il concetto di non-giudizio è parte integrante dello stile empatico. La relazione empatica è dunque centrata sul fatto cognitivo di capire, ma contiene anche un significato di accoglienza calda e non possessiva. In una parola, empatia significa accettazione, della persone come è e nello stadio del cambiamento in cui si trova. Nella relazione empatica il professionista ha una rappresentazione interna positiva della persona dipendente, e la manifesta, lascia che questa impronti di sé la relazione. Costruire una relazione empatica con persone dal comportamento talvolta non adamantino può essere difficile o impossibile se l’operatore non riesce ad interpretare tal comportamento come il compromesso migliore che la persona dipendente abbia potuto produrre nelle condizioni date. Più pragmaticamente, secondo una visione nettamente comportamentista, si sviluppa empatia se si pratica ascolto riflessivo;
- Evitare discussioni, un concetto che si basa sulla convinzione secondo cui se per promuovere il cambiamento di creare una sorta di controversia con la persona affetta da dipendenza patologica, che si schiera per il non-cambiamento, in realtà si ottiene l’effetto contrario, per cui piuttosto che proporre il cambiamento la persona con dipendenza patologica si fossilizza sul suo opposto, anche perché questa situazione genere un’evidente posizione è negativa rispetto alla generazione di empatia;
- Aggirare e utilizzare le resistenze, che corrisponde a due idee rispetto alla resistenza. La prima idea è che contrastare direttamente e frontalmente una resistenza non sia una buona strategia, perché finisce per rafforzare la resistenza, e in ogni caso costringe la persona con dipendenza a difendersi dall’attacco dell’operatore; da qui il pensiero che aggirarla è meglio che scontrarsi con essa. La seconda idea è che la resistenza non è solo e necessariamente un che di negativo, ma può fornire all’operatore l’occasione di aiutare la persona dipendente a fare passi verso il cambiamento, proprio partendo dalle sue resistenze. Una resistenza bassa è la condizione affinché il cambiamento proceda. Al contrario, una resistenza tangibile mette in crisi processi di cambiamento anche avanzati, partendo da questi presupposti tenere basse le resistenze è comunque il primo obiettivo da conseguire;
- Lavorare sulla frattura interiore, inteso come ‘motore’ del processo del cambiamento. La percezione, avvertita dolorosamente, del contrasto tra come si è, si sta, ci si vede, e come si potrebbe/vorrebbe/dovrebbe essere, stare, vedersi, è indubbiamente la spinta prima al cambiamento. Senza tale sentimento non esiste pulsione a cambiare. Da questo è stata costruita la visione secondo cui il cambiamento procede dal malessere avvertito, e tanto maggiore il malessere tanto maggiore sarebbe la spinta al cambiamento.
Tuttavia bisogna anche precisare che spesso un soggetto che tocca il fondo avverte la propria frattura come enorme, sente anche che il cambiamento è un compito troppo gravoso, fuori portata. Per questo motivo non è mai auspicabile spingere una persona a toccare il fondo affinché possa poi rinascere, tuttalpiù sarebbe opportuno lavorare sulla sua frattura interiore per generare quella motivazione al cambiamento e favorire lo sviluppo se è troppo bassa diminuendo gli effetti contrari al cambiamento se è eccessiva. Le strategie per lavorare sulla frattura interiore sono quelli con cui si aiuta la persona con dipendenza ad esaminare la propria situazione, ad enucleare i problemi che la affliggono, a rappresentarsi la possibile evoluzione negativa (“esaminare il peggio”) del proprio stato, a rappresentarsi, per contro, il futuro possibile una volta superato il problema, a ragionare sul proprio sistema di ideali;
- Sostenere l’autoefficacia, è importante in quanto una autoefficacia elevata è un buon predittore di buon esito del trattamento. L’autoefficacia ha a che vedere con l’autostima, ma è un concetto più specifico, che significa fiducia nella propria capacità di raggiungere un determinato obiettivo concreto. Le fonti dell’autoefficacia sono essenzialmente la consapevolezza di aver dimostrato in precedenza di essere stati efficaci nel conseguimento di un obiettivo, che diventa così possibile. Il senso di autoefficacia fa sì che il soggetto più probabilmente sia pronto ad impegnarsi su di un obiettivo.
Le strategie per lavorare sull’autoefficacia sono quelle di richiamare precedenti successi, richiamarsi all’esperienza vicaria (ciò che altri in condizioni analoghe sono stati capaci di fare), che è uno degli ingredienti del funzionamento dell’autoaiuto. Enfatizzare la responsabilità personale del soggetto nel processo del cambiamento stimola l’autoefficacia.
Trattamenti che oggi la scienza propone per curare la dipendenza patologica
Diversi sono i trattamenti che ad oggi vengono proposti per curare la dipendenza patologica. Tra i trattamenti sicuramente più promettenti possiamo menzionare la Terapia neo esistenziali e la più recente Stimolazione Magnetica Transcranica. Dagli anni 90 la Terapia neo esistenziale assieme alla terapia cognitivo comportamentale, dimostrano l’efficacità nel trattamento delle dipendenze da sostanze e delle dipendenze comportamentali. Si concentrano sulla modifica di pensieri negativi disfunzionali che poi portano all’assunzione di sostanze o all’uso problematico di un oggetto da cui si sviluppa dipendenza (slot machine, shopping, internet.). I pensieri negativi sono solitamente dei pensieri negativi su di sé, sugli altri e sul mondo e generano sofferenza. Al fine di ridurre questo stato sofferente la persona assume un comportamento patologico (la dipendenza).
Partendo da questi presupposti tali terapie cercano di agire su tali pensieri negativi e cerca di rendere critica rispetto agli stessi, al fine di modificarli e apprendere strategie comportamentali più funzionali per gestire le emozioni negative. Tale approccio postula una complessa relazione tra emozioni, pensieri e comportamenti evidenziando come i problemi emotivi siano in gran parte il prodotto di credenze disfunzionali che si mantengono nel tempo, a dispetto della sofferenza che il paziente sperimenta e delle possibilità ed opportunità di cambiarle, a causa dei meccanismi di mantenimento. Ad esmpio la terapia cognitivo-comportamentale si propone, di conseguenza, di aiutare i pazienti ad individuare i pensieri ricorrenti e gli schemi disfunzionali di ragionamento e d’interpretazione della realtà, al fine di sostituirli e/o integrarli con convinzioni più funzionali.
Si può pertanto indirizzare alla CBT e la terapia neo-esistenziale quei soggetti in cui la reiterazione alla dipendenza patologica viene causata da pensieri negativi che creano emozioni spiacevoli, come il sentirsi responsabili per la morte o la sofferenza di un proprio caro.
La stimolazione transcranica (TSM) è i più recenti trattamenti presi in esame nel campo delle dipendenze patologiche. Si tratta di una tecnica che sfrutta i campi magnetici per influenzare la funzione cerebrale, attraverso stimolazioni non invasive e indolori. In caso di disturbi di legati alla dipendenza i circuiti cerebrali possono risultare alterati, compromettendo dunque il corretto funzionamento cognitivo e emotivo della mente del paziente che, viene ristabilito attraverso delle sedute di TMS.
In Italia la TMS nasce a Cagliari nel 2015 grazie alla collaborazione tra Dr. Giorgio Corona e il direttore scientifico prof. Marco Diana e si distingue come una metodologia di neuromodulazione non invasiva capace di diminuire o eliminare la dipendenza patologica. Per promuovere una maggiore fiducia verso questo approccio anche dal punto di vista del paziente è importante dimostrare la sicurezza di questo trattamento e la sua efficacia, ma anche fornire alcune prove sui dispositivi di neuromodulazione.
Per quel che concerne l’ambito della ricerca sappiamo che la maggior parte dei dispositivi richiede uno studio controllato randomizzato e controllato, al fine di poter dimostrare la sicurezza e l’efficacia della TMS che, rispetto ai risultati ottenuti, (è stata recentemente suggerita come tecnica di neuromodulazione non invasiva per ridurre il craving, ovvero il bisogno di assumere la sostanza di abuso o di reiterare un comportamento patologico.
Conclusione
La TMS e le terapie proposte potrebbe essere proposta a quei soggetti con alle spalle trattamenti riabilitativi falliti o a quei soggetti con dipendenza patologica per i quali risulta estremamente difficile ridurre il bisogno di assumere la sostanza di abuso o di controllarsi sul comportamento patologico.
Promuovere consapevolezza e percorsi integrati di cura significa, in ultima analisi, restituire dignità, autonomia e speranza a chi vive intrappolato in una condizione di dipendenza.
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